51 giorni

Cinquantunesimo giorno di quarantena.

I jeans si chiudono ancora…! Miracolo! Il discorso bilancia però è leggermente diverso… Quella brutta traditrice di essere gentile o comprensiva proprio non ne vuole sapere e senza fronzoli con la sua abbagliante luce verde mostra la realtà.

E dura ragazzi…è sinceramente innegabilmente dura perché la vita che conoscevamo è completamente totalmente andata a rotoli spazzata via da un subdolo nemico invisibile. Terribile, inafferrabile, quasi apparentemente inarrestabile, feroce oltre ogni immaginazione.

Ci siamo nascosti, ci siamo barricati nelle nostre case ringraziando la buona sorte di avere una casa.

Abbiamo affrontato situazioni, momenti, perdite dolori che mai avremmo immaginato eppure siamo qua.

Giorno dopo giorno piccoli rituali, piccoli,minuscoli, insignificanti frammenti di normalità che ci permettono di sperare e andare avanti! pronti a ricominciare! Pronti a lottare! pronti a convivere con il mostro…pronti ad avere nuovi obbiettivi. La bilancia non è una bilancia! La bilancia è sì il desiderio di godermi la vita ma soprattutto quello di tornare in palestra il prima possibile! Andare a farmi lunghe passeggiate nel bosco, correre con Vasco nelle orecchie!

Tutto questo è profumo di normalità ed è con questo profumo che questa sera mi voglio addormentare.

Forza Bergamo sempre.

Panna cotta alle fragole.

Perdonerete l’estetica del piatto poco decorosa ma posso garantire sull’ottima qualità.

( Mm la Panna cotta non aiuta con la bilancia ma sicuramente fa parte dei piccoli piaceri della vita che soprattutto oggi proprio non si possono evitare.)

QUARANTENA

Ps. Notare il 🍪

31 giorno di quarantena la mia sanità mentale comincia ufficialmente a vacillare 😅 ( più del solito) per fortuna ci sono le giornate di sole! La situazione nel paese è davvero difficile e la mia Bergamo ancora soffre! E una lotta per la sopravvivenza e per il futuro! Quanta paura per il futuro! Oggi la vita sembra sospesa! In pausa! Nessun progetto…nessun impegno…nessuna aspettativa…tutto è fermo. Tutto è immobile tranne questo dannato virus che ancora non si ferma e ci costringe a nasconderci, difenderci da un nemico invisibile. Ce la faremo! Certo che ce la faremo! Una cosa è certa! Il prezzo pagato e ancora da pagare sarà altissimo e niente tornerà più come prima.

Gente

Lavoro in un negozio di ottica all’interno di un centro commerciale. Sono seduta alla scrivania, circondata da due enormi pareti di vetro e guardo la gente passare di fronte a me; famiglie con bambini piccoli, anziani, coppiette che camminano mano nella mano. Una signora curiosa la vetrina e alzando lo sguardo verso di me accenna un sorriso. Mi ritrovo ad immaginare le loro vite, le loro storie, il loro modo di affrontare le giornate, lo shopping, la vita.

Il signore che vende salami nella bancarella di fronte al negozio socializza con mezzo mondo, parla, parla, sorride, gesticola, enfatizza ogni singolo gesto, parola per catturare l’attenzione su di se e i propri prodotti e mi chiedo come lui sia realmente nella vita. Gli piacerà questo lavoro? Sarà un uomo sposato? Felice? Avrà un scopo, una ragione nella sua vita?

E come è la vita di questa commessa seduta alla scrivania ?

Penso, immagino e aspetto…aspetto un cliente, aspetto la fine del turno, aspetto un messaggio, aspetto un cambiamento, aspetto una serata che non so cosa mi riserverà. Mi guardo e sorrido. Sono professionalmente vestita di nero, carnagione chiara, capelli neri, occhi verdissimi e notevolmente stanchi, labbra rosse…vi ricordo qualcuno? La gemella segreta di Morticia Adams vi dice nulla? E allora mi chiedo…cosa penserà la gente di me? Che idea si potrebbe fare?

Si dice che l’uomo sia un animale sociale ed è così ma credo anche che ognuno sia profondamente, intimamente, segretamente solo e per lo più sconosciuto perfino a se stesso. Io non mi conosco. Non mi riconosco più da un bel po’ di tempo ormai. Vivo giorno per giorno, reagisco in base alle mie emozioni e a sentimenti che in tutta franchezza so che non dovrei provare ma contrastare. Vivo, nella speranza di trovare quello che sto cercando…qualsiasi cosa esso sia.

Buona serata.

Non sono mai stata quella giusta.

Non sono mai stata quella giusta.

Perfino il primo giorno di scuola delle medie mi sono ritrovata nella classe sbagliata. Quelli che consideravo i miei nuovi compagni di scuola, entravano, mi guardavano strano, e si mettevano vicino alla finestra a chiacchierare tra loro come se si conoscessero già. Avrei dovuto capirlo da me che si, non erano estranei l’uno all’altro, facevano gruppo, mentre io me ne stavo in silenzio vicino al muro, al primo banco, a leggere un libro, aspettando che magari qualcuno si avvicinasse e mi chiedesse come mi chiamavo o se mi andava di stare con loro. Ovviamente nessuno lo fece. Poi venne una professoressa, mi guardò e mi disse: “Quanti anni hai?” E io risposi che ne avevo 11. “Non devi stare qui, questo non è il tuo posto. Guarda che hai sbagliato aula.” Quel giorno avevo semplicemente sbagliato aula, a volte invece, mi sento di aver sbagliato vita. Di aver sbagliato ad essere come sono. Non sono mai stata quella giusta. Come quella volta che durante la ricezione di una palla, anziché effettuare un bagher e portarla dell’altra parte della rete, feci una schiacciata e la spinsi verso il basso. Nel mio campo. E io ero stata messa in fondo a difesa della squadra. Io. Quel giorno avevo preso una decisione sbagliata e l’allenatore pure. Non era il posto adatto a me quello. In realtà penso di non essere nel posto giusto un sacco di volte al giorno.

Non sono mai stata quella giusta . Come quella volta in cui durante le prove del coro, in quinta elementare, la maestra si accorse che non potevo essere una solista. Sbagliavo i tempi e per quanto impegno ci mettessi, per l’emozione, a causa di tutti quegli occhi puntati su di me, sbagliavo per fino le parole della canzone. E così fui rimessa al mio posto, insieme agli altri e mi chiese anche di abbassare il tono della voce.

Credo sia una costante della mia vita, ho sempre sbagliato qualcosa. I tempi. I luoghi. Le parole. Le scelte. Le persone anche. Non sono mai stata quella giusta per un sacco di motivi. C’è sempre stato qualcosa in me che non andava, difetti fastidiosi, il mio silenzio quando c’era da parlare magari, il mio modo di stare seduta a tavola. “Smettila di essere così” ecco, quest’ultima è la cosa che più mi sento ripetere da anni. Perché come sono? Sbagliata ecco come. E la cosa più sbagliata non è stata farsi dire di esserlo, ma aver creduto di esserlo davvero. Sbagliata poi per chi? Sbagliata per cosa?

Sono sbagliata quando troppo spesso credo di non essere abbastanza. Sono sbagliata quando so farmi influenzare dalla visione distorta di me e comincio a credere che davvero forse sono così. Sono sbagliata quando non credo in me stessa. Sbaglio quando credo di essere un completo disastro e non guardo mai alle cose buone compiute, eppure, ce ne sono. Sono sbagliata quando mi lascio abbattere anziché combattere per ciò che desidero davvero. Sono sbagliata quando penso di essere difettosa e invece non capisco che sono semplicemente diversa ed è questo che mi rende unica. Ed è questo che mi rende speciale per pochi. Io sono così: sbagliata nel mio cuore ricucito per non aver saputo apprezzare la felicità quando mi è capitata tra le mani. E averla rimpianta quando poi me la sono fatta scivolare coma sabbia. Forse un giorno saprò accettarmi con occhi nuovi e dirò finalmente ” Si io lo merito dopo tutto quello che ho passato e me lo vado a prendere a grandi morsi”. Forse un giorno riuscirò a dirmi ” Non sono sbagliata, sono giusta seppur vestita di insicurezze e fragilità.” E all’affermazione di qualcuno che crede di essere migliore, saprò dire che anche io so esserlo. Ma non migliore di qualcun altro, migliore della me che credeva di essere difettosa. Che credeva di dover essere rottamata, Si può. Devo solo imparare a dirlo a gran voce e crederci un po’ di più. E lo farò, ecco, cosa mi prometto oggi. Di accettarmi per come sono, perché posso e devo farlo.

Lo merito.

cit. Martina boselli

Non sono giusta per te perché sei un idiota superficiale con la quale mi rendo conto di aver investito cuore, anima, spirito, tempo, passione, lacrime senza aver mai avuto un reale riscontro e un’emozione autentica. Non mi pento di nulla ma non intendo permettermi di dare peso alle tue ultime parole e sentirmi inadatta. Non lo sono.

Vivo

Come stai?
Chiedo a me stessa.
Vivo.
Mi rispondo.
Mi alzo la mattina mi rendo carina e lavoro…lavoro…lavoro.
Incontro gente è sorrido, parlo, rido, faccio battute stupide e arriva la sera.
Si ma come stai tu? Veramente intendo.
Vivo.
Cosa provi?
Tante cose…
Tipo?
Solitudine,
Stanchezza,
Paura
Ma anche soddisfazione al lavoro…motivazione, ogni tanto…rabbia…
Felicità?
No quella no…
Mai? Vivo rido scherzo ma no…
Non sono felice…i pensieri come i ricordi non mi abbandonano mai.
Non pensare! Ci provo,Vivo. Ma la testa non si ferma, la testa non si spegne.
E il cuore? Pesa.
Pesa? Si…un cuore malato è un cuore pesante ha perso tanti di quei pezzi deve guarire.
Stai facendo qualcosa per lui?
E che devi fare? Vivo e ci provo un casino dopo l’altro.
Ce la fai?
Ho alternative?
Vivo

Un libro non è carta ma molto, molto di più…ci racconta una storia…

Se si giudica un libro dalla copertina, si potrebbe perdere una storia bellissima.

Due birre medie grazie… ( io odio la birra) così ha avuto inizio la mia serata di ieri.

Io non ho un gruppo di amici, io ho amici; diversi, diversissimi tra loro, ognuno con una propria particolare vena di follia.

Fabio è una delle persone più singolari che io conosca, per intenderci…

Un libro usurato dal tempo e dall’uso, sfruttato, maltrattato e con una copertina priva di immagini d’impatto, un libro al quale la maggioranza di noi non si soffermerebbe mai nel dare una seconda occhiata…eppure… credetemi, così facendo ci perderemmo il piacere di sfogliare un’ opera allegra, irriverente, sarcastica ma allo stesso tempo vera e autentica in grado di trasmettere una morale del tutto inaspettata.

Immaginate… un bar per motociclisti, un bancone, due birre medie, una barista più divertita che confusa e due fratelli uguali esattamente come il giorno e la notte.

( I fratellini saremmo noi, ci siamo trovati in questo pub pieno zeppo di coppiette e per evitare ogni imbarazzo abbiamo deciso di attuare questo piccolo escamotage.)

Credetemi quando vi dico che il momento in cui la barista con assoluta convinzione  ha affermato che io e “mio fratello” avessimo lo stesso naso è stato veramente esilarante.

Ed è così che tra una birra, una risata, una battuta più o meno sarcastica e un gin lemon (perdonate la mia ignoranza non ho idea della tipologia di gin usata) ho scoperto di avere un improbabile fratello maggiore con il mio stesso naso, una vena di follia particolarmente accentuata, due vite diverse e due caratteri più simili di quanto non ci si possa immaginare; un bellissimo libro con una copertina un po’ sgualcita.

un vero amico.

 

 

non è amore, non è odio, è un ricordo che vive in me.

Sei in ritardo.

Odio le persone che arrivano in ritardo, odio te che arrivi in ritardo e mi lasci qui come una stupida, vestita, truccata in attesa di te…

Da lontano ti vedo arrivare, impossibile non notarti ma quanto sei alto? Non mi vedi… Troppo impegnato a mandarmi un audio con quel maledetto affare che tu chiami telefono.

Io voglio parlare con te, non ascoltare un audio, voglio vederti, non voglio fotografie, voglio sapere quello che fai o provi e non visualizzare storie in instagram.

Mi vedi e sorridendo ti avvicini, mi fai quasi tenerezza, sembri imbarazzato.

E passato del tempo dall’ultima volta.

Vorrei abbracciarti, toccarti, non ce la faccio; non ancora…dal mio metro e sessanta alzo lo sguardo per cercare il tuo, sorrido.

Un sorriso vero, un sorriso raro, un sorriso ormai spento.

 

Ho odiato e amato il nostro ultimo incontro, mille altre volte lo ripeterei.

Nessun rimpianto, nessun rimorso solo la tua mancanza ed una velata malinconia per ciò che poteva essere e non è stato.

Vorrei odiarti perché mi hai ferito più profondamente di quanto tu possa pensare, più profondamente, di quanto io sia disposta ad ammettere perfino con me stessa ma non posso.

Non posso odiare te più di quanto io non possa odiare me stessa, ciò che mi hai fatto provare, la persona che mi hai fatta diventare.

Non è amore, non è odio è un ricordo che vive in me.